Manifesto delle donne
di He-Yin Zhen, con un ritratto dell'autrice di Cristina Manzone
Liberare le donne per rivoluzionare la società: introduzione a He-Yin Zhen
Ritratto di Cristina Manzone
He-Yin Zhen 何殷震 è senza dubbio una delle attiviste e pensatrici cinesi meno note, sebbene il suo contributo al pensiero femminista e anarchico racchiuda analisi particolarmente acute e interessanti. Nata nel 1884, si presume sia morta nel 1920. Spesso ricordata come la moglie di Liu Shipei, uno dei protagonisti della cellula anarchica di Tokyo, He-Yin Zhen merita tuttavia la nostra attenzione nella sua singolarità. Arrivata a Tokyo nel 1907, fondò una realtà di mutuo soccorso per le donne vittime di violenza, la Nüzi Fuquan Hui 女子复权会 (Associazione per il Recupero dei Diritti delle Donne), e fondò la rivista Tianyi 天义(Giustizia Naturale) in cui divers* contributors hanno proposto saggi e riflessioni di stampo femminista e anarchico.
Con una scrittura diretta e spesso provocatoria, He-Yin Zhen sostiene che l’abolizione delle disuguaglianze sociali sia raggiungibile solo attraverso un processo di liberazione delle donne. Quello deve essere il primo passo per raggiungere un’uguaglianza sostanziale tra gli esseri umani che, sostiene l’autrice, sono uguali per natura. Il concetto di natura, tuttavia, può risultare ambiguo: sebbene lei affermi apertamente che uomini e donne debbano essere considerati eguali proprio perché nel sistema naturale (nel senso più scientifico del termine) sono entrambi esseri umani, allo stesso tempo condanna apertamente la naturalizzazione delle attitudini, dei comportamenti e delle competenze che sono tradizionalmente loro attribuiti. He-Yin Zhen crede fermamente che uno dei punti da cui partire fosse l’educazione, che deve essere identica per entrambi i sessi. Al tempo non era contemplata l’esistenza di diverse identità di genere (il concetto di gender si diffuse in Cina verso la fine degli anni ’80), tuttavia la messa in discussione dei concetti di “uomo" e “donna” è stata vista da alcun* studios* come una sorta di anticipazione di alcuni punti del pensiero di Simone de Beauvoir.
Un punto tanto interessante quanto problematico, che emerge nella lettura del saggio qui proposto, è sicuramente la trattazione di He-Yin Zhen riguardo le tematiche della prostituzione e della monogamia. Risulta imprescindibile ragionare sul contesto storico e culturale in cui l’anarco-femminista si trovava ad operare (basti pensare che fino ai primi anni del ‘900 in Cina era ancora presente una forma di concubinato); ciononostante, il suo ragionamento di fondo rimane estremamente politico: la strumentalizzazione del corpo femminile attraverso la prostituzione e/o la possibilità di avere più partner sessuali è un problema di fondamentale importanza per la pensatrice, che rivede in queste dinamiche il perpetuarsi di una pratica tipicamente maschile.
Ciò che fa emergere questa figura nel panorama intellettuale cinese dell’epoca è senza dubbio il punto di partenza della sua analisi femminista: l’oppressione delle donne non viene vista come un freno allo sviluppo della Cina, coerentemente con la visione delle prime dissertazioni femministe dell’epoca, ma come problema globale che sta alla base di tutte le altre disuguaglianze.
Manifesto delle donne
di He-Yin Zhen
Ahimè, gli uomini e le donne del mondo non sono uguali da tanto tempo. In India, le donne si danno fuoco per sacrificarsi ai propri mariti; in Giappone, si sottomettono al volere dell’uomo. In ogni Stato dell’Europa e dell’America, sebbene viga la monogamia e si dichiarino eguali, e nonostante abbiano il diritto di discutere di politica e di essere elette, raramente le donne riescono ad agire liberamente. Dov’è questa cosiddetta “uguaglianza dei diritti”? Rivolgendo lo sguardo alla Cina, gli uomini si approcciano alle donne come se queste non fossero esseri umani. Le tribù dell’antichità, dopo aver conquistato un altro gruppo, rapivano le loro donne, le incatenavano come prigioniere e le rendevano loro concubine. Così il maschio divenne padrone e la femmina schiava, dando vita all’era del saccheggio delle donne. Poiché rapinarle induceva conflitti, allora si cominciò ad inviare pellame come dono per ufficializzare l’unione. Per questo motivo, i regali e le offerte delle cerimonie [matrimoniali] antiche seguono la tradizione che vede le donne come dei beni di proprietà. Il maschio veniva considerato un essere umano e la femmina come un animale, dando il via all’era della compravendita delle donne. Per queste due motivazioni, tra uomo e donna non vi è mai stata uguaglianza. Nell’esaminare oggi le istituzioni del passato, è possibile rilevarne quattro in cui vige questa disparità:
Da questi quatto punti riassuntivi, i modi in cui l’uomo prevarica la donna sono abbastanza evidenti. Eppure, anche se ormai ci è chiaro comprendere come mai gli uomini opprimano le donne, il fatto che queste accettino volontariamente di essere sottomesse non è forse dovuto alle abitudini della società e dalle conoscenze elargite dagli intellettuali [maschi]? Ciò che voglio dire alle sorelle di tutto il mondo è: gli uomini sono il più grande nemico delle donne. Finché le donne non saranno uguali agli uomini, l’odio e la sofferenza non scompariranno.
Proverò a fare un elenco delle cose per cui tutte dovrebbero lottare:
I sette punti prima elencati non nascono perché le donne vogliono il potere, ma perché sono diritti naturali [del Cielo]. Gli uomini e le donne sono uguali: entrambi sono esseri umani, tuttavia non godono di parità. Questo è scorretto e va contro la giustizia naturale. La lotta delle donne è finalizzata a porre fine a questo sopruso.
Per quanto riguarda alcuni possibili dubbi che potrebbero sorgere, voglio aggiungere tre considerazioni.
Il primo dubbio riguarda il fatto che le donne hanno il doloroso compito di dare la vita e, poiché dal momento della nascita spetta loro il dovere di crescere i figli, non possono ricoprire le stesse responsabilità degli uomini. Tuttavia, quella che io propongo non è solo una rivoluzione delle donne, ma di tutta la società. La prima è a sua volta un aspetto della rivoluzione sociale. Una volta che sarà avvenuta, ogni donna, dopo aver partorito, non dovrà crescere da sola i propri figli grazie all’istituzione di strutture pubbliche che si occuperanno di questo. Non dovendo allevare i propri figli, le donne potranno assumere qualsiasi responsabilità al pari degli uomini.
La seconda perplessità è che le donne sono più degli uomini, dunque il sistema della monogamia sarebbe ingiusto. Forse non sanno che le donne sono di più poiché il compito di andare in guerra non appartiene a loro, bensì agli uomini. Quest’ultimi muoiono ogni giorno. Le donne di oggi, piuttosto che volontariamente diventare concubine e morire nell’umiliazione, preferirebbero darsi alla violenza e morire in battaglia, così da assicurarsi una menzione d’onore postuma. Se le donne porteranno avanti la rivoluzione, dopo che la giustizia sarà ristabilita, il numero di maschi e di femmine sarà equo.
La terza obiezione è che se gli uomini hanno più mogli allora anche le donne potrebbero avere più mariti. Forse non sanno che le donne desiderano ardentemente l’uguaglianza, che però non è raggiungibile usando solo la strategia del boicottaggio e della resistenza. La sua realizzazione è possibile attraverso l’estorsione violenta nei confronti degli uomini, solo così si potrà ottenere l’uguaglianza reciproca. Inoltre, l’avere tante mogli è un errore tipicamente maschile; se le donne fanno lo stesso, come potranno poi paragonarsi a loro? Nel caso in cui una donna abbia più mariti sarebbe una sorta di prostituta. Oggi volere più coniugi è visto come un atto di boicottaggio verso gli uomini, ma in realtà è solo un’espressione del proprio egoismo. Costoro seguono il comportamento delle prostitute e sono traditrici delle donne.
In conclusione, gli uomini e le donne sono ugualmente esseri umani. Il fatto che l’“uomo” e la “donna” abbiano abitudini e educazione diverse, viene [erroneamente] considerato naturale. Se non ci fossero differenze tra uomo e donna, se fossero cresciuti nello stesso modo e se ricevessero la stessa educazione, allora potrebbero ricoprire gli stessi ruoli, e raggiungere così la parità. Quando anche i nomi “maschio” e “femmina” saranno aboliti, allora ci sarà quella sincera “uguaglianza tra uomo e donna” a cui aspiriamo.
Oggi le donne cinesi desiderano combattere per questa causa, affiancandosi alle battaglie inerenti la razza, la politica e l’economica, solitamente capitanate dagli uomini. Per non dover più stare dietro ai maschi, loro pensano che la rivoluzione tra donne e uomini debba andare di pari passo con quelle razziali, politiche ed economiche. Se ciò dovesse avvenire con successo, si stabilirà l’unico sistema mondiale dei diritti delle donne; se si dovesse fallire, la perdita sarebbe sia degli uomini sia delle donne. Questa è una visione superficiale. Che le persone siano d’accordo o meno con me, non è affar mio.
(Pubblicato originariamente sulla rivista Tianyi 天义报, num. 1, 10 giugno 1907)
Note
[1] Considerata la seconda dinastia cinese nella storia, durò indicativamente dal 1600 a.C. al 1046 a.C.
[2] Nome con cui ci si riferiva al regnante.
[3] Dinastia che regnò tra il 1045 a.C. e il 256 a.C.
[4] Il sistema del concubinato nella Cina antica era molto complesso, infatti esisteva una gerarchia precisa che vedeva solitamente al vertice la regina (o l’imperatrice) e al di sotto altre numerose categorie.
[5] Il Libro dei Riti fa parte del corpus dei Cinque Classici confuciani. Esso descrive i riti, le usanze sociali e le cerimonie del periodo Zhou. Gli altri Classici sono il Classico dei Documenti, il Libro delle Odi, il Classico dei Mutamenti e gli Annali delle Primavere e Autunni. Vi è inoltre un sesto Classico, il Classico della Musica, che però andò perduto.
[6] Tradotto letteralmente “I Discorsi [del Padiglione] della Tigre Bianca”. Si tratta di un’opera miscellanea contenente discorsi sul significato e l’interpretazione dei classici. Fu compilata durante la dinastia degli Han Occidentali (206 a.C.- 9 d.C.).
[7] Dinastia che regnò dal 960 al 1279 d.C.
[8]Lo Yin e lo Yang, nella cosmologia taoista, rappresentano principi complementari e opposti. Ad ognuno di essi sono assegnati determinati elementi e caratteristiche, in questa sede ci è utile sapere che lo Yin rappresenta la donna e la femminilità, mentre allo Yang appartengono l’uomo e la mascolinità. Non è un caso che allo Yin siano generalmente collegati elementi considerati negativi e/o che possono causare malessere.
[9] Nella Cina antica vi erano diversi tipi di lutto, ognuno di essi comportava dei riti e delle usanze particolari.
[10] Questa citazione fa riferimento al secondo capitolo del Daxue (La Grande Conoscenza), scritto confuciano inizialmente inserito nel Libro dei Riti. In seguito venne considerato uno scritto autonomo.
Manifesto delle donne
di He-Yin Zhen, con un ritratto dell'autrice di Cristina Manzone
Liberare le donne per rivoluzionare la società: introduzione a He-Yin Zhen
Ritratto di Cristina Manzone
He-Yin Zhen 何殷震 è senza dubbio una delle attiviste e pensatrici cinesi meno note, sebbene il suo contributo al pensiero femminista e anarchico racchiuda analisi particolarmente acute e interessanti. Nata nel 1884, si presume sia morta nel 1920. Spesso ricordata come la moglie di Liu Shipei, uno dei protagonisti della cellula anarchica di Tokyo, He-Yin Zhen merita tuttavia la nostra attenzione nella sua singolarità. Arrivata a Tokyo nel 1907, fondò una realtà di mutuo soccorso per le donne vittime di violenza, la Nüzi Fuquan Hui 女子复权会 (Associazione per il Recupero dei Diritti delle Donne), e fondò la rivista Tianyi 天义(Giustizia Naturale) in cui divers* contributors hanno proposto saggi e riflessioni di stampo femminista e anarchico.
Con una scrittura diretta e spesso provocatoria, He-Yin Zhen sostiene che l’abolizione delle disuguaglianze sociali sia raggiungibile solo attraverso un processo di liberazione delle donne. Quello deve essere il primo passo per raggiungere un’uguaglianza sostanziale tra gli esseri umani che, sostiene l’autrice, sono uguali per natura. Il concetto di natura, tuttavia, può risultare ambiguo: sebbene lei affermi apertamente che uomini e donne debbano essere considerati eguali proprio perché nel sistema naturale (nel senso più scientifico del termine) sono entrambi esseri umani, allo stesso tempo condanna apertamente la naturalizzazione delle attitudini, dei comportamenti e delle competenze che sono tradizionalmente loro attribuiti. He-Yin Zhen crede fermamente che uno dei punti da cui partire fosse l’educazione, che deve essere identica per entrambi i sessi. Al tempo non era contemplata l’esistenza di diverse identità di genere (il concetto di gender si diffuse in Cina verso la fine degli anni ’80), tuttavia la messa in discussione dei concetti di “uomo" e “donna” è stata vista da alcun* studios* come una sorta di anticipazione di alcuni punti del pensiero di Simone de Beauvoir.
Un punto tanto interessante quanto problematico, che emerge nella lettura del saggio qui proposto, è sicuramente la trattazione di He-Yin Zhen riguardo le tematiche della prostituzione e della monogamia. Risulta imprescindibile ragionare sul contesto storico e culturale in cui l’anarco-femminista si trovava ad operare (basti pensare che fino ai primi anni del ‘900 in Cina era ancora presente una forma di concubinato); ciononostante, il suo ragionamento di fondo rimane estremamente politico: la strumentalizzazione del corpo femminile attraverso la prostituzione e/o la possibilità di avere più partner sessuali è un problema di fondamentale importanza per la pensatrice, che rivede in queste dinamiche il perpetuarsi di una pratica tipicamente maschile.
Ciò che fa emergere questa figura nel panorama intellettuale cinese dell’epoca è senza dubbio il punto di partenza della sua analisi femminista: l’oppressione delle donne non viene vista come un freno allo sviluppo della Cina, coerentemente con la visione delle prime dissertazioni femministe dell’epoca, ma come problema globale che sta alla base di tutte le altre disuguaglianze.
Manifesto delle donne
di He-Yin Zhen
Ahimè, gli uomini e le donne del mondo non sono uguali da tanto tempo. In India, le donne si danno fuoco per sacrificarsi ai propri mariti; in Giappone, si sottomettono al volere dell’uomo. In ogni Stato dell’Europa e dell’America, sebbene viga la monogamia e si dichiarino eguali, e nonostante abbiano il diritto di discutere di politica e di essere elette, raramente le donne riescono ad agire liberamente. Dov’è questa cosiddetta “uguaglianza dei diritti”? Rivolgendo lo sguardo alla Cina, gli uomini si approcciano alle donne come se queste non fossero esseri umani. Le tribù dell’antichità, dopo aver conquistato un altro gruppo, rapivano le loro donne, le incatenavano come prigioniere e le rendevano loro concubine. Così il maschio divenne padrone e la femmina schiava, dando vita all’era del saccheggio delle donne. Poiché rapinarle induceva conflitti, allora si cominciò ad inviare pellame come dono per ufficializzare l’unione. Per questo motivo, i regali e le offerte delle cerimonie [matrimoniali] antiche seguono la tradizione che vede le donne come dei beni di proprietà. Il maschio veniva considerato un essere umano e la femmina come un animale, dando il via all’era della compravendita delle donne. Per queste due motivazioni, tra uomo e donna non vi è mai stata uguaglianza. Nell’esaminare oggi le istituzioni del passato, è possibile rilevarne quattro in cui vige questa disparità:
Da questi quatto punti riassuntivi, i modi in cui l’uomo prevarica la donna sono abbastanza evidenti. Eppure, anche se ormai ci è chiaro comprendere come mai gli uomini opprimano le donne, il fatto che queste accettino volontariamente di essere sottomesse non è forse dovuto alle abitudini della società e dalle conoscenze elargite dagli intellettuali [maschi]? Ciò che voglio dire alle sorelle di tutto il mondo è: gli uomini sono il più grande nemico delle donne. Finché le donne non saranno uguali agli uomini, l’odio e la sofferenza non scompariranno.
Proverò a fare un elenco delle cose per cui tutte dovrebbero lottare:
I sette punti prima elencati non nascono perché le donne vogliono il potere, ma perché sono diritti naturali [del Cielo]. Gli uomini e le donne sono uguali: entrambi sono esseri umani, tuttavia non godono di parità. Questo è scorretto e va contro la giustizia naturale. La lotta delle donne è finalizzata a porre fine a questo sopruso.
Per quanto riguarda alcuni possibili dubbi che potrebbero sorgere, voglio aggiungere tre considerazioni.
Il primo dubbio riguarda il fatto che le donne hanno il doloroso compito di dare la vita e, poiché dal momento della nascita spetta loro il dovere di crescere i figli, non possono ricoprire le stesse responsabilità degli uomini. Tuttavia, quella che io propongo non è solo una rivoluzione delle donne, ma di tutta la società. La prima è a sua volta un aspetto della rivoluzione sociale. Una volta che sarà avvenuta, ogni donna, dopo aver partorito, non dovrà crescere da sola i propri figli grazie all’istituzione di strutture pubbliche che si occuperanno di questo. Non dovendo allevare i propri figli, le donne potranno assumere qualsiasi responsabilità al pari degli uomini.
La seconda perplessità è che le donne sono più degli uomini, dunque il sistema della monogamia sarebbe ingiusto. Forse non sanno che le donne sono di più poiché il compito di andare in guerra non appartiene a loro, bensì agli uomini. Quest’ultimi muoiono ogni giorno. Le donne di oggi, piuttosto che volontariamente diventare concubine e morire nell’umiliazione, preferirebbero darsi alla violenza e morire in battaglia, così da assicurarsi una menzione d’onore postuma. Se le donne porteranno avanti la rivoluzione, dopo che la giustizia sarà ristabilita, il numero di maschi e di femmine sarà equo.
La terza obiezione è che se gli uomini hanno più mogli allora anche le donne potrebbero avere più mariti. Forse non sanno che le donne desiderano ardentemente l’uguaglianza, che però non è raggiungibile usando solo la strategia del boicottaggio e della resistenza. La sua realizzazione è possibile attraverso l’estorsione violenta nei confronti degli uomini, solo così si potrà ottenere l’uguaglianza reciproca. Inoltre, l’avere tante mogli è un errore tipicamente maschile; se le donne fanno lo stesso, come potranno poi paragonarsi a loro? Nel caso in cui una donna abbia più mariti sarebbe una sorta di prostituta. Oggi volere più coniugi è visto come un atto di boicottaggio verso gli uomini, ma in realtà è solo un’espressione del proprio egoismo. Costoro seguono il comportamento delle prostitute e sono traditrici delle donne.
In conclusione, gli uomini e le donne sono ugualmente esseri umani. Il fatto che l’“uomo” e la “donna” abbiano abitudini e educazione diverse, viene [erroneamente] considerato naturale. Se non ci fossero differenze tra uomo e donna, se fossero cresciuti nello stesso modo e se ricevessero la stessa educazione, allora potrebbero ricoprire gli stessi ruoli, e raggiungere così la parità. Quando anche i nomi “maschio” e “femmina” saranno aboliti, allora ci sarà quella sincera “uguaglianza tra uomo e donna” a cui aspiriamo.
Oggi le donne cinesi desiderano combattere per questa causa, affiancandosi alle battaglie inerenti la razza, la politica e l’economica, solitamente capitanate dagli uomini. Per non dover più stare dietro ai maschi, loro pensano che la rivoluzione tra donne e uomini debba andare di pari passo con quelle razziali, politiche ed economiche. Se ciò dovesse avvenire con successo, si stabilirà l’unico sistema mondiale dei diritti delle donne; se si dovesse fallire, la perdita sarebbe sia degli uomini sia delle donne. Questa è una visione superficiale. Che le persone siano d’accordo o meno con me, non è affar mio.
(Pubblicato originariamente sulla rivista Tianyi 天义报, num. 1, 10 giugno 1907)
Note
[1] Considerata la seconda dinastia cinese nella storia, durò indicativamente dal 1600 a.C. al 1046 a.C.
[2] Nome con cui ci si riferiva al regnante.
[3] Dinastia che regnò tra il 1045 a.C. e il 256 a.C.
[4] Il sistema del concubinato nella Cina antica era molto complesso, infatti esisteva una gerarchia precisa che vedeva solitamente al vertice la regina (o l’imperatrice) e al di sotto altre numerose categorie.
[5] Il Libro dei Riti fa parte del corpus dei Cinque Classici confuciani. Esso descrive i riti, le usanze sociali e le cerimonie del periodo Zhou. Gli altri Classici sono il Classico dei Documenti, il Libro delle Odi, il Classico dei Mutamenti e gli Annali delle Primavere e Autunni. Vi è inoltre un sesto Classico, il Classico della Musica, che però andò perduto.
[6] Tradotto letteralmente “I Discorsi [del Padiglione] della Tigre Bianca”. Si tratta di un’opera miscellanea contenente discorsi sul significato e l’interpretazione dei classici. Fu compilata durante la dinastia degli Han Occidentali (206 a.C.- 9 d.C.).
[7] Dinastia che regnò dal 960 al 1279 d.C.
[8]Lo Yin e lo Yang, nella cosmologia taoista, rappresentano principi complementari e opposti. Ad ognuno di essi sono assegnati determinati elementi e caratteristiche, in questa sede ci è utile sapere che lo Yin rappresenta la donna e la femminilità, mentre allo Yang appartengono l’uomo e la mascolinità. Non è un caso che allo Yin siano generalmente collegati elementi considerati negativi e/o che possono causare malessere.
[9] Nella Cina antica vi erano diversi tipi di lutto, ognuno di essi comportava dei riti e delle usanze particolari.
[10] Questa citazione fa riferimento al secondo capitolo del Daxue (La Grande Conoscenza), scritto confuciano inizialmente inserito nel Libro dei Riti. In seguito venne considerato uno scritto autonomo.